Ultima modifica: 12 Novembre 2019
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Una scuola speciale per tutti

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Nel settembre 2006, fresca di felice e tanto atteso superamento dell’anno di prova per la classe di concorso strumento musicale, nella fattispecie il flauto traverso, approdai più per caso che per altro, alla scuola di via Vivaio a Milano. Era uno strano momento, in cui la “specialità” della storica scuola per ciechi, diventata poi scuola integrata, in virtù della legislazione in vigore, era pesantemente messa in discussione, prima di tutto attraverso il reclutamento di personale per i canali “consueti”. Questa situazione venne chiarita da una sentenza del TAR su ricorso presentato dai genitori e nel 2011 venne definitivamente ripristinato lo stato di “scuola speciale”. Fu però grazie a questo interregno che io capitai lì in utilizzo, facendo al termine dell’anno scolastico la scelta di trasferire lì la mia titolarità, con l’approvazione della Dirigente. Da allora il mio innamoramento per questa scuola meravigliosa e difficile ha richiesto prove sempre più tangibili e “cruente”: dal coordinamento del dipartimento musicale fino alla collaborazione con le Dirigenti reggenti, tre anni dopo la perdita della titolarità di presidenza per sottodimensionamento e la costante minaccia di accorpamento, con il rischio di veder sfumare e diluirsi quello stile educativo, quell’ambiente particolare e l’enorme lavoro fatto, anche in campo musicale, per portare avanti un’esperienza davvero “speciale”. Scuola “speciale per tutti” è una formula che ben descrive questa scuola per svariati motivi: il progetto antesignano di inclusività, derivato dall’antica scuola di avviamento per ciechi, ha raggiunto il suo quarantesimo anno nel 2016. Una scuola a tempo pieno, improntata alla didattica laboratoriale a 360°, con una fascia di 6 ore settimanali a classi aperte, rappresentava, per allora, ma forse anche per oggi, una sfida, come anche la visione della musica come strumento inclusivo e non d’élite. Ricordo un corso abilitante in Conservatorio a Milano, ancora nel 2003 o 2004, dal quale venni poi fortunatamente esonerata in quanto abilitata “ope legis”, in cui una docente del corso enunciò il principio che la musica avesse da essere “privilegio di pochi” e che gli alunni con bisogni educativi speciali potessero essere utilizzati per “distribuire le parti”. Alla Vivaio fare musica non è mai stato un privilegio. Il progetto prevede per tutti, oltre allo studio di uno strumento in quanto scuola ad indirizzo musicale secondo il DM 201 del 1999, un potenziamento dell’educazione musicale, con una terza ora da svolgersi in laboratorio, denominata “assemblaggi ritmico sonori”, dove gli alunni fanno musica d’insieme in gruppi determinati dalla casualità (quasi completa, nella formazione dei gruppi entrano anche riflessioni di tipo educativo e umano, più legate alla “gestibilità” ragionevole del gruppo, che non a fattori legati alla musica). Nascono orchestre veramente eterogenee, spesso progettate intorno ad un alunno “speciale” e alle sue competenze. Lo stesso principio vale per la musica d’insieme o dall’orchestra previste dall’indirizzo musicale, dove la scelta del repertorio e degli esecutori è originata o fortemente influenzata dalle “abilità” presenti. Mentre si cerca di valorizzare le eccellenze nel lavoro individuale a lezione di strumento, queste stesse vengono indirizzate all’amalgama e alla collaborazione verso chi si esprime in modo diverso e solo apparentemente limitato. Nella musica d’insieme non si ricerca solo ed unicamente un buon risultato tecnico, ma il ruolo più adatto a ciascuno nell’esprimere la propria potenzialità. Ciò non esclude risultati del tutto dignitosi, a volte anche eccellenti, ma soprattutto di grande soddisfazione per l’intera compagine, alunni, docenti e genitori. Esempio di questo è stata la grande orchestra, formata da attuali alunni, docenti, ex – alunni, di circa 120 componenti, che si è formata sul palco del Teatro Dal Verme il 20 novembre 2016, in occasione delle celebrazioni del Quarantesimo della scuola. A quest’orchestra hanno partecipato ex alunni ormai in Conservatorio o diplomati o laureati, genitori in carriera come musicisti (in particolare una mamma scaligera), ma anche qualcuno che ha rispolverato in fretta lo strumento magari un po’ lasciato da parte per qualche anno, pur di ricreare l’atmosfera “unica” della Vivaio, che è la motivazione per la quale ancora ci si sforza nelle quotidiane difficoltà per portare avanti quest’esperienza. In prima e seconda media, oltre a un’ora a classe intera di musica, vi è un’ora di coro a gruppi di due classi, al fine di dare spazio alla vocalità come strumento eccellente per l’inclusione. Ne nasce un coro formato da 150 alunni, che si esprime nei concerti di Natale e del 25 aprile con un repertorio eterogeneo, accompagnamento acustico (spesso coinvolgendo l’orchestra di alunni) o amplificato. Dal punto di vista musicale non c’è un metodo particolare, ma molta pragmaticità. Viene vista come essenziale la formazione (anche in campo musicoterapico; inoltre tutti i docenti hanno fatto corsi generici di Braille, ma anche un’infarinatura specifica sul Braille musicale) e l’auto formazione sul campo: il lavoro svolto in copresenza durante la musica d’insieme, l’osservazione reciproca, il confronto e il dialogo estemporaneo sono alla base della sinergia che si forma, dove i compiti si spartiscono senza grandi difficoltà e gli alunni riconoscono l’interscambiabilità dei docenti. L’alunno, anche con difficoltà, non è “mio”, come spesso avviene durante gli studi musicali, con il campanilismo della “scuola” o l’esclusività del merito del successo, ma ci si fida gli uni degli altri e si lavora insieme. Chi fatica ad adattarsi a questa mentalità, dove nessuno può brillare sopra gli altri o lavorare da solo chiuso nella propria auletta, alla Vivaio non sta veramente bene. Anche la sinergia coi colleghi delle altre discipline è fondamentale. Ognuno dà il suo contributo, l’osservazione nel gruppo classe è del tutto complementare a quella durante la lezione nel piccolo gruppo (in Vivaio la lezione singola di strumento è un’eccezione data da motivi organizzativi: gli alunni lavorano o in coppia o in tripletta, con frequenza bisettimanale). In seguito all’apertura agli alunni “non minorati della vista”, la scuola di via Vivaio inserisce in ogni classe fino a cinque ragazzi con problematicità di vario genere, dall’autismo alle disabilità motorie e sensoriali, alle più diverse sindromi. Ricordo due brillanti e volonterosi colleghi di sostegno, che dopo aver lavorato da noi per più di un decennio e frequentato il TFA all’Università Cattolica a Milano, conseguivano la specializzazione in sostegno: nello studio delle varie sindromi e disabilità avevano un volto e un nome per ognuna di esse, un campionario davvero non indifferente. Anche per l’insegnamento della musica e dello strumento le metodologie usate hanno il volto e la storia di tutti i nostri alunni: scelte sulla lettura musicale, su quale tipo di lettura, ingrandimenti, Braille, strumenti preparati, utilizzo di strumenti a percussione, del canto e quant’altro sono stati determinati sempre dalla riflessione su quanto fosse più adatto alla persona che ci trovavamo davanti. Per definire il metodo Vivaio sarebbe opportuno forse creare un diario, una rubrica in cui ogni docente descriva i metodi e le “trovate” usate, tutte partendo dal principio forse anche “musicale” dell’ascolto del bisogno di ciascuno. A che cosa può servire la musica a Aldo, Carla, Giovanni…? Su quale aspetto vale la pena di insistere? Quale ausilio, quale mezzo posso utilizzare? Quali obiettivi mi pongo per lui/lei? A quest’ultima domanda ci sono infinite risposte: si va dall’inserimento nel canale degli studi professionali, parliamo di alunni non vedenti o ipovedenti o autistici ad alto funzionamento, al potenziamento delle capacità motorie, al miglioramento dell’autostima grazie al risultato immediatamente fruibile dato dalla musica, all’aiuto alla comunicazione in soggetti incapaci di verbalizzazione, a tutti quegli obiettivi che ci possiamo porre anche di fronte ad un alunno cosiddetto normodotato. Qual è insomma la ricetta della Vivaio, scuola “speciale” in molti sensi e non solo per la normativa? Ascolto, collaborazione, flessibilità e creatività. Il tutto condito da molta resilienza e umiltà, qualità indispensabili per poter dare il proprio contributo a questa scuola. Dal punto di vista musicale, in particolare, festeggio l’interesse generale sempre crescente verso le diverse abilità e le infinite opportunità fornite in questo senso dalla musica. Auspico un futuro sempre più ricco di scambi, di sinergia tra le diverse realtà e istituzione, per l’arricchimento personale, della scuola e della società.